sabato 21 marzo 2015

Friends: Mononoke Shima no Naki

Friends: Mononoke Shima no Naki è un film giapponese del 2011, computer-animated, basato sul romanzo per bambini Naita Aka Oni di Hamada Hirosuke. Regia di Yamazaki Takashi e Yagi Ryūichi, la sceneggiatura è stata scritta dallo stesso Yamazaki (che l’anno precedente aveva realizzato Space Battleship Yamato, live-action movie ispirato all’opera del leggendario Matsumoto Leiji con protagonista lo SMAP Kimura Takuya). Le voci dei due orchi Naki e Gunjō sono del più giovane degli SMAP Katori Shingo e dell’attore Yamadera Kōichi. La storia è centrata attorno ad una misteriosa isola in mezzo a un lago. Gli abitanti del luogo la temono perché pensano sia la dimora di orribili mostri. In realtà i mostri sono inoffensivi e terrorizzati
a loro volta dagli umani che li circondano. Un giorno un cucciolo d’uomo finisce sull’isola e lì incontra due orchi, uno rosso, chiamato Naki e il suo amico, l’orco blu, chiamato Gunjō, all’inizio sembrano ostili ma in realtà si prenderanno buona cura di lui...
Il film è uscito nelle sale giapponesi il 17 dicembre 2011 anche in versione 3D ed è stato presentato in anteprima italiana al Future Film Festival 2012 di Bologna.
Il tema portante di Friends: Mononoke Shima no Naki è Smile - colonna sonora di Tempi Moderni celebre pellicola del 1936 di Charlie Chaplin -
qui nella versione della cantante giapponese MISIA.

venerdì 13 marzo 2015

Millennium Actress - Sennen joyū - L'attrice del millennio

Kon Satoshi è uno dei miei registi d’animazione del cuore e la sua morte avvenuta nel 2010 quando ancora non aveva compiuto 47 anni ha lasciato per me un enorme vuoto.
Ho già parlato del piccolo grande capolavoro natalizio Tokyo Godfathers, e questa volta voglio soffermarmi su Millenium Actress (titolo originale Sennen joyū, alla lettera L'attrice del millennio) un lungometraggio anime del 2001 scritto e diretto da Kon.
Ironico e poetico come solo i lavori di Kon sanno essere, il film narra di un maturo regista Tachibana Genya che vuol realizzare un documentario sulla celebre Fujiwara Chiyoko, stella cinematografica del secolo passato ed eroina della sua giovinezza.
L’enigmatica donna, ormai settantenne, si è ritirata a vivere su di un’isolata montagna, nell’anonimato, ed è lì che Tachibana si reca insieme al cameraman Ida Kyōji per intervistarla.
La terra ha tremato quel giorno e trema ancora, poco prima che Chiyoko inizi la sua narrazione. “Il mio destino sembra essere legato ai terremoti” esordisce la donna parlando della tragedia della regione del Kantō durante la quale è nata, e la sua esistenza da quel momento pare divenire simbolo del Giappone stesso. Mentre l’anziana attrice si confessa, Tachibana e il suo cameraman si trovano di colpo a compiere un viaggio nel tempo luminoso e avventuroso.
Illusione e realtà si intrecciano creando quasi una pellicola trompe-l'œil. I film e le memorie della donna creano un ponte tra vita, sogno e apparenza. Fil rouge della storia è l’amore di Chiyoko per un giovane pittore rivoluzionario, lei lo ospita di nascosto nella sua casa e ne cura le ferite, non conosce il suo nome né vede mai il suo volto ma il ragazzo le dona la chiave che apre la cosa più importante che esista al mondo e i due fanno un patto: spetterà a Chiyoko scoprire il senso della chiave. Poi lui è costretto a fuggire. La ragazzina notata dal direttore degli studi Ginei diviene così attrice con la speranza nel cuore di ritrovare il suo grande amore.
Passato e futuro si fondono tra viaggi in Manciuria guerre e rivolte, scorrono le epoche e le pellicole girate dall’attrice si mischiano al suo privato.Il Medioevo ispirato a Il trono di sangue di Kurosawa, dove Chiyoko è prima una Lady ma poi lotta come un samurai e infine come un ninja, sempre protetta da Tachibana, innamorato di lei nella finzione ma si intuisce anche nella realtà. E il caleidoscopio dei film interpretati la porta nelle vesti di un’affascinante geisha a Kyōto ancora in cerca del suo amore/pittore perduto che qui è un samurai che sta per essere giustiziato.
E poi alla leggerezza dell’era Taishō - i primi del ‘900 - che ricorda le ambientazioni del manga Una ragazza alla moda, di nuovo tallonata dal cameraman e da Tachibana che cambia ruolo ma non il suo cuore. Tra melodrammi e le bombe della Seconda Guerra Mondiale, in un Giappone sempre più devastato, si apprendono frammenti dell’esistenza vera di Chiyoko, il triste destino dell’artista e della stessa Chiyoko ormai anziana e malata.
Le scene tratte dall’era dello spazio, come in un cerchio simbolico, aprono e chiudono il film di Kon. Chiyoko ha compreso che la chiave apre soltanto i suoi ricordi, e in fondo ciò che ha amato davvero non è stato “l’uomo fantasma” ma il fatto di continuare ad inseguire anche "oltre la vita" il suo sogno d'amore eterno e ideale.
Millennium Actress è stato realizzato dallo studio di animazione Madhouse, l’uso della computer grafica non è mai ridondante ma il vero punto di forza del film risiede nella regia di Kon e nella sua estrema energia.
Non c’è un vero messaggio che Kon vuole trasmettere ma una sapiente fusione di brillanti fotografie d’epoca che rivelano uno spaccato di ciò che il Giappone è stato nel secolo scorso. Tra scelte cromatiche pure, musiche suggestive, inquadrature che colpiscono nel segno: stava in questo la sua eccellenza di cineasta.
Kon aveva debuttato nel mondo dell’animazione nel migliore modo possibile, al fianco dei più noti maestri. Nel 1991 Ōtomo Katsuhiro (Akira, Metropolis, Steamboy), rimase colpito dal suo manga Kaikisen (La stirpe della sirena), e lo chiamò prima a collaborare al soggetto del proprio manga World Apartment Horror, poi come art director nel suo film Rōjin Z. Seguì la collaborazione con Oshii Mamoru e la scrittura del primo episodio di Memories, film ideato ancora da Ōtomo nel 1995. Il suo debutto alla regia arriva nel ’97 con Perfect Blue un insolito thriller psicologico, poi nel 2001 giunge Millennium Actress, nel 2003 la fiaba Tokyo Godfathers, nel 2004 la serie TV Paranoia Agent, nel 2006 il futuristico e onirico Paprika – Sognando un sogno, presentato in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia. Conclude la sua filmografia l’incompiuto Yumemiru kikai, Dreaming Machine, al quale stava lavorando al momento della sua scomparsa. La Madhouse parla da tempo di volerlo completare, il lavoro principale era già stato conlcuso da Kon ma i costi sono alti, tuttavia Maruyama, il fondatore dello studio d'animazione, ha rivelato che intende finirlo anche se i tempi dovessero essere lunghi. Attendiamo fiduciosi.

sabato 7 marzo 2015

5 cm per second - Byōsoku go senchimētoru - La voce delle stelle

Autore nel 2013 de Il giardino delle parole (del quale abbiamo trattato in occasione della proiezione evento sugli schermi italiani del maggio 2014)
il maestro Makoto Shinkai aveva già realizzato nel 2007 una pellicola sognante e delicata,  
5 cm per second -
traduzione fedele dell’originale Byōsoku go senchimētoru -

dove il titolo indica la velocità che impiegano i petali di ciliegio per cadere al suolo.
La pellicola è più nota in Italia come La voce delle stelle.
Presentata al Future Film Festival 2008 ha vinto il premio come miglior lungometraggio d’animazione, per la capacità di coniugare
poesia, arte, disegno animato e nuove tecnologie, in una storia emozionante e profonda.
È stata fortunatamente pubblicata in DVD dalla casa di distribuzione francese Kazé, anche in lingua italiana.
I temi portanti del regista Makoto Shinkai sono quelli a lui cari: la distanza nel tempo e nello spazio e la complessità delle relazioni umane.
Tre episodi intensi e malinconici scandiscono la vita di Akari e Takaki dalle scuole elementari all’età adulta
e segnano la nascita, lo sviluppo e l’inevitabile fine del loro amore.
I colori dei disegni che virano dal rosa e viola dei ciliegi in fiore, dal verde all’oro dei cieli all’alba e al tramonto, dal pallore della neve al turchino del mare e delle notti più cupe, creano un’atmosfera unica e incantata che ben rispecchia la tenerezza dei sentimenti dei due protagonisti.
Imperdibile.

domenica 1 marzo 2015

The Light Shines Only There - Soko nomi nite Hikari Kagayaku

The Light Shines Only There - La luce splende solo là (titolo originale Soko nomi nite Hikari Kagayaku) è una pellicola giapponese del 2014, proposta dal paese del Sol Levante agli 87esimi Academy Awards come miglior film straniero. Non è stata candidata, ma ci pare comunque degna di nota nel variegato panorama giapponese. Diretta dalla regista Mipo O (nata in Giappone ma di terza generazione coreano-nipponica) adotta un registro drammatico e romantico per narrare la storia di Sato Tatsuo (Ayano Gō) che lascia il suo lavoro e vaga senza meta, cercando di fuggire da esperienze dolorose e bevendo per dimenticare. Sato nel suo peregrinare incontra Oshiro Takuji (Suda Masaki) in una sala di pachinko. Lì stringono la loro amicizia e Sato decide di seguire Takuji a casa sua.
Si tratta di una baracca fatiscente lungo la spiaggia, dove vivono Takuji, il padre malato, la madre dura e insensibile, e la sorella maggiore Chinatsu (Ikewaki Chizuru) che vende il suo corpo per dare sostegno alla famiglia. Tatsuo tuttavia scorge qualcosa di speciale in Chinatsu. Una che luce brilla solo in quel luogo, nonostante l'atmosfera opprimente che li circonda, e si sente attratto dalla luce e dalla ragazza. Ma ogni passo che i giovani fanno per rialzarsi, complice anche il fratello Takuji, non fa che condurli verso un baratro senza fondo... Mipo O, classe ’77 - è anche sceneggiatrice e lavora per la tv - alla sua nuova prova per il grande schermo, si conferma tra le più talentuose registe giapponesi sfiorando con sensibilità tutte le corde delle emozioni.

domenica 22 febbraio 2015

Lupin III vs. Detective Conan

È stato un evento cinematografico speciale durato solo due giorni (10 e 11 febbraio) ma che ha coinvolto gli appassionati di animazione che attendevano la sfida tra Lupin III il più celebre ladro gentiluomo televisivo e il giovanissimo Detective Conan: Lupin III vs. Detective Conan.
Il film già uscito in Giappone nel 2013 dove aveva ottenuto un buon successo di pubblico, racconta l’avvincente inseguimento da parte di Conan di Lupin. Motivo della caccia: un prezioso diamante rubato con la solita maestria da Lupin e dai suoi sodali di sempre Jigen e Goemon per salvare l’affascinante Fujiko presa in ostaggio da un uomo misterioso.
Riuscirà il furbo ragazzino a fermare Lupin, diversamente dall’inetto collega Zenigata?
Il furto sarà solo il primo anello di una catena di eventi delittuosi che coinvolgeranno Lupin, Conan, e perfino un cantante italiano appena giunto da Napoli a Tokyo per esibirsi in un grande concerto, e ricattato da un boss siciliano.
Tra Fbi, tecnologie e armi segrete, la girandola di intrecci si sussegue senza tregua e niente è come sembra davvero.
Un regalo per i fan di entrambe le franchise di animazione coinvolte, che ha fatto un po’ storcere il naso ai puristi ma mostra tutto ciò che ci aspettiamo da Lupin, travestimenti, sosia, colpi al limite dell’impossibile, in una sorta di déjà vu; e tutto ciò che i più giovani si attendono dall’abile Detective Conan che trasformato da un’organizzazione criminale da 17enne in bambino di 7 anni tenta in ogni modo, oltre che di risolvere i casi con la sua grande astuzia, di riprendere il suo aspetto originale.
E secondo noi, nonostante le facili critiche, il mix tra i due eroi è ironico, divertente e funziona.(Central do Cinema)

domenica 15 febbraio 2015

Unbroken

Idea di pellicola eccezionale. Sceneggiata dai fratelli Coen, da LaGravenese & Nicholson, musicata da Desplat e fotografata da Deakins, la sound editor Becky Sullivan è tra le pochissime donne candidate all’Oscar in questa sezione per la sua ottima prova. Film tratto da una storia vera. Una vita leggendaria quella di Louie Zamperini: la giovinezza turbolenta di figlio di immigrati italiani nella Land of Freedom; la velocità eccezionale nella corsa che lo porta alle Olimpiadi e all’incontro con Hitler; le ore strazianti da bombardiere della Seconda Guerra Mondiale; l’incidente aereo; il naufragio sulla zattera di salvataggio durato 47 giorni a miglia e miglia dalla costa; gli squali; il tifone; la fame; la cattura da parte della marina nipponica e l’internamento nei campi;
la lotta da prigioniero di guerra, torturato da un sanguinario aguzzino di nome Mutsuhiro Watanabe, soprannominato l’“Uccello”, noto per i suoi atti sadici mentali e la sua deplorevole brutalità (lo interpreta Miyavi, vero nome Takamasa Ishihara, giovane cantautore, musicista e produttore discografico giapponese); gli anni seguenti alla liberazione segnati dal terrore tipico del disturbo post-traumatico da stress, e un finale di redenzione. Tutti elementi tipici di un biopic cult. Angelina Jolie che nel 2011 ha debuttato dietro la macchina da presa con Nella Terra del Sangue e del Miele, ambientato durante la guerra in Bosnia, e attualmente è impegnata nella produzione del suo terzo lungometraggio da regista, il dramma By the Sea, e nelle pre-produzione per la direzione del film epico Africa è con Unbroken alla sua seconda prova.
Privo di mordente il film purtroppo delude adagiandosi sui luoghi comuni e indugiando su sangue ed estremo realismo. L’impegno per i rifugiati e le cause umanitarie influenzano il lavoro della Jolie che tiene in secondo piano quella sorta di pietas per l’essere umano in sé in un bianco o nero privo di grigio dove i prigionieri in quanto americani sono vittime coraggiose mentre i nemici giapponesi sempre e solo crudeli e senza possibilità di redenzione. Vi è una sorta di rimando all’ottica della Passione firmata da Mel Gibson, scena emblematica quella in cui il prigioniero Louie è costretto a sollevare sulle spalle una gigantesca trave. Intensa e vibrante l’interpretazione del protagonista, l’emergente attore inglese, Jack O'Connell. (Central do Cinema)

domenica 8 febbraio 2015

Buon giorno - Ohayō

Nel 1959 Yasujirō Ozu dirige una commedia a colori, parziale remake di un suo precedente lavoro muto e in bianco e nero risalente al 1932 dal titolo: Sono nato, ma... (I Was Born, But...). La nuova pellicola è Buon giorno (titolo originale Ohayō). Il film, ambientato a Tōkyō, narra di due bambini, due fratelli, Minoru e Isamu Hayashi, che mettono in atto uno sciopero del silenzio per convincere il padre ad acquistare un televisore e poter vedere così liberamente gli incontri di sumo trasmessi sul piccolo schermo. La Tv infatti esercita su di loro un grande fascino e ogni giorno invece di andare a lezione d'inglese, si recano di nascosto dai vicini bohémiens che possiedono un apparecchio in una sorta di gioco proibito. Quando il padre, un uomo molto rigido, lo scopre e vieta loro di farlo, temendo che lo spirito libero respirato in un ambiente diverso possa contagiarli e la scarsa reputazione di cui i vicini godono li corrompa, i due piccoli decidono di chiudersi nel mutismo.
Il loro voto viene portato avanti con una grande fermezza, nonostante la giovane età, e coinvolge le ore di scuola e gli insegnanti, il tutor d'inglese e il vicinato, in breve tutta la comunità che ruota loro intorno. Il quartiere e le sue ipocrisie vengono così messi a nudo e si innescano dinamiche e divertenti gag che smascherano gli adulti. Ciò che i piccoli Minoru e Isamu non sopportano sono quelle formalità talvolta prive di senso, parole gentili come un semplice
"Buongiorno" dietro le quali gli adulti si nascondono per non rivelare ciò che realmente pensano. Una realtà di pettegolezzi e sentimenti repressi dalla quale i bimbi si sentono soffocati. E la loro silenziosa rivolta porterà buoni frutti. Il severo padre finirà per acquistare un televisore per aiutare un vicino nel suo nuovo lavoro di venditore e il tutor d'inglese inizierà una storia d'amore con la loro zia. Due piccoli e straordinari attori supportati da un cast di abili veterani, un film ricco di humor.
Il mondo cambiato dai ragazzini.

domenica 1 febbraio 2015

Postcard - Ichimai no hagaki

Kaneto Shindō scrive e dirige il suo ultimo film nel 2010 a 98 anni: Postcard - Ichimai no hagaki e viene scelto dal Giappone come proprio rappresentante agli Oscar (pur non riuscendo a rientrare nella cinquina dei migliori film stranieri). Una carriera la sua durata oltre 70 anni. Nato a Hiroshima nel 1912, il legame con le sue origini lo influenzerà per tutta l’esistenza. Dirigerà poco meno di 50 pellicole e ne sceneggerà più di 200. Molte saranno autobiografiche e I bambini di Hiroshima (Genbaku no ko) del 1952 sugli effetti del dramma del 6 agosto sarà tra i suoi capolavori. Sono storie molto umane le sue, caratterizzate da persone comuni vittime dei potenti o in lotta per la sopravvivenza in una terra ostile come il bellissimo L'isola nuda (Hadaka no shima) del 1960. Si tratta di una pellicola senza dialoghi, un poema disperato ed essenziale che narra la vita di una famiglia, marito, moglie e due figli, su un’isola selvatica priva d’acqua dolce. La scena iniziale con i personaggi che pazientemente trasportano sulle spalle gli 
antichi secchi per bagnare gli aridi campi rimanda come in uno specchio al finale di Postcard, schiene che trasportano simbolicamente il peso dell’esistenza. Ispirato all’esperienza militare del regista, Postcard racconta del destino che colpisce alla cieca generando drammi: chi muore in battaglia lasciando una famiglia a piangerlo e chi torna e vive la colpa di essere sopravvissuto ai propri compagni e non trova nessuno ad attenderlo.

sabato 24 gennaio 2015

Il trono di sangue - Kumonosu-jō

Il trono di sangue (titolo giapponese Kumonosu-jō letteralmente Il castello della ragnatela), è una pellicola del ‘57 diretta da Akira Kurosawa, adattamento del Macbeth di Shakespeare.
La storia è trasposta nel Giappone medioevale e le tre streghe mutate in un singolo spirito della foresta ma la trama resta sostanzialmente fedele all’originale. Tragedia cruenta, archetipo della brama di potere e dei pericoli ad essa legati, narra di un nobile, Taketoki Washizu, (interpretato dal celebre Toshirō Mifune) a cui viene predetta l'ascesa al trono e l'invincibilità finché la foresta non avanzerà verso il suo castello.
Spinto dalla moglie Asaji l’uomo, inizialmente esitante, uccide il suo signore, ne usurpa il trono e giunge a far assassinare l’amico Miki la cui discendenza è destinata dalla stessa profezia ad ereditare il comando.
Ma i sensi di colpa lo tormentano e il fantasma che gli appare durante il banchetto celebrativo lo porta verso la follia.
Lady Asaji intanto – come la lady di shakespeariana memoria – perde la sua freddezza e tenta invano e ripetutamente di lavarsi le mani che vede sempre lorde di sangue. Infine il cerchio che si chiude. Le cime degli alberi nella foschia si avvicinano misteriosamente al castello e Washizu viene trafitto da innumerevoli frecce scagliate dai suoi stessi soldati atterriti dall’avverarsi del presagio. Il testo e i poetici dialoghi del Bardo lasciano in Kurosawa il campo alle immagini. Una foresta labirintica che galleggia in una nebbia enigmatica, l’angoscia che tutto avvolge, uno straordinario Mifune, figure che si muovono con gesti lenti ed essenziali come maschere che ricordano l’antico teatro Nō.

domenica 18 gennaio 2015

Pastoral: To Die in the Country - Den-en ni shisu

Pellicola scritta e diretta da Shūji Terayama, Pastoral: To Die in the Country, datata 1974, fu scelta per la 28ma edizione del Festival di Cannes. Bizzarro Amarcord in salsa agrodolce giapponese
(seguiva di un anno il capolavoro felliniano)
ne accoglie lo spirito geniale e stravagante.
Il film si apre come un colorato viaggio nell’infanzia dello stesso regista.
Un padre morto in guerra, una madre iperprotettiva.
Un piccolo villaggio dominato da un gruppo di anziane e bigotte megere con una benda nera sull’occhio che spingono una giovane donna ad abbandonare il bimbo avuto da padre ignoto nell’acqua del fiume. Un circo nei pressi del paese ricolmo di personaggi curiosi tra i quali una donna-cannone che prega insistentemente di essere gonfiata con una pompa.
Le prime esperienze sessuali, salti tra il passato e il futuro del protagonista che mostrano come anche la realtà più rosea celasse lati oscuri.
Emblematico lo Shūji bambino che gioca a nascondino nel cimitero e i compagni d’infanzia che sbucano da dietro le lapidi mutati nei fantasmi adulti del suo vissuto. Memoria fluttuante che richiama le visioni di Jodorowsky.
Colori che virano dal seppia dei ricordi iniziali, al blu-viola scuro del villaggio con le vecchie che aleggiano come neri corvi, dal caleidoscopio caramella giallo-verde-rosato delle atmosfere circensi, al rosso sangue della disperazione, al bianco e nero del presente in stile noir.

Un film nel film, maschere che si intrecciano con orologi a pendolo, eleganti prostitute e sogni grotteschi.
Terayama, morto nel 1983 a soli 47 anni di cirrosi epatica, fu poeta e drammaturgo, scrittore, regista e fotografo, impresario teatrale, pungente iconoclasta.
Lasciò gli studi di letteratura per lavorare nei bar di Shinjuku, più a suo agio nell’ambiente delle scommesse, tra boxe e corse dei cavalli che all’università.
Il suo cinema fu surreale
e sperimentale.

domenica 11 gennaio 2015

Autumn Moon - Qiū Yuè - Luna d’autunno

Vincitore del Pardo d’Oro al Festival di Locarno 1992 Autumn Moon (titolo originale cinese Qiū Yuè) di Clara Law (La dea del ’67) - anch'esso scritto dal marito Eddie Ling-Ching Fong - è una produzione Giappone/Hong Kong.
Protagonisti il giapponese Masatoshi Nagase e Pui-Wai Li. Una liceale e un giovane turista nipponico si incontrano in una Hong Kong, ancora protettorato britannico, prossima al ritorno alla Cina.
Lui, Tokio, deluso nella ricerca di buon cibo e bei ristoranti, pesca nell’acqua torbida del porto e riprende ogni cosa con la sua telecamera.
Lei, Wai, vive con la nonna, aspetta di raggiungere la famiglia emigrata in Canada e nel frattempo tenta di capire sé stessa.
Hong Kong, grattacieli altissimi e nebbia sull’acqua, è una delle metropoli più belle al mondo. Realtà ipermoderna nella quale la tecnologia pare aver cancellato con un colpo di spugna le antiche tradizioni.
Giovani alla deriva tra ritmi lenti e inquadrature bluastre e immaginifiche, lievemente deformi, sfumate e ricercate. Paesaggi e personaggi, in transizione tra Oriente e Occidente, attraversano un vuoto culturale.
Fuochi e una luna d’autunno in attesa di un inverno di sogni e desideri che forse non si compiranno mai.

sabato 3 gennaio 2015

Una lettera per Momo - Momo e no tegami

I nomi giapponesi hanno tutti un significato - anche i nostri ce l’hanno ma nei secoli spesso l’abbiamo dimenticato - i giapponesi no. Quelli maschili sono in gran parte legati a concetti come onore, forza, vittoria, quelli femminili alla bellezza, alla luna, al profumo, alla grazia.
Moltissimi richiamano aspetti della natura e delle stagioni come se gli abitanti delle isole nipponiche avessero mantenuto il loro stretto rapporto con gli spiriti che le abitano.
Momo (giovane protagonista di questo film d’animazione, il cui nome significa pesca, e l’albero di pesco nella mitologia giapponese protegge dal male e dalla sfortuna) dopo la morte del padre si trasferisce insieme alla madre da Tōkyō nella remota isola di Shio.
La piccola è triste e non riesce ad adattarsi al nuovo ambiente. Prima della sua scomparsa Momo aveva litigato duramente con l’uomo e adesso si sente in colpa.
Il padre le ha lasciato una lettera con solo due parole: "Cara Momo" e lei tenta di riempire il vuoto cercando di capire quale messaggio volesse comunicarle. Intanto misteriosi furti si verificano sull’isola e Momo decide di indagare scoprendo l’esistenza di tre strani e buffi demoni. Momo pensa allora che ci sia un senso nascosto in ciò che le sta accadendo... Sarà l’inizio di una fantastica avventura.
Una lettera per Momo (Momo e no tegami) è stato diretto nel 2011 da Hiroyuki Okiura, già regista di Jin-Roh - Uomini e lupi, aveva partecipato tra gli altri alla lavorazione di Ghost in the Shell, Cowboy Bebop - Il film, Paprika ed Evangelion: 3.0 You Can (Not) Redo. Il film è uscito nelle sale cinematografiche giapponesi nell’aprile 2012 mentre in Italia, nel dicembre dello stesso anno, la Dynit lo ha distribuito in Blu-ray e DVD. Si tratta di un’animazione tradizionale, disegnata a mano (sono stati necessari ben sette anni per realizzarla) con rimandi a Miyazaki, a metà tra Il mio vicino Totoro e La città incantata. L’isola arcaica con i suoi edifici in legno, i templi immersi nel verde e nella nebbia, i campi terrazzati scavati sui fianchi delle ripide colline e i suoi fantasmi, fa da sfondo ad una fiaba malinconica espressiva e commovente. Una combinazione di humor e dramma, sensibilità e delicatezza.