domenica 28 luglio 2013

Kimura Takuya – Specchio del Giappone

È stato primo ministro, geologo ed esploratore del Polo Sud, pilota di aerei e di auto da corsa, comandante di una nave stellare, neuroscienziato, erede di un impero finanziario, pubblico ministero, capitano di una squadra di hockey su ghiaccio, pianista e perfino clochard. Nel suo ultimo drama insegnava (le serie televisive negli anni sono divenute sempre più moraliste e pedagogiche) che i soldi non fanno la felicità e che si può sempre ricominciare da zero. Kimura Takuya rappresenta quello che il Giappone è e quello che vorrebbe essere, il mito dell’eterna giovinezza, i “veri” valori, uno sguardo alla tradizione e uno fisso sull’America.
Star giapponese appena quarantenne è un golden boy baciato dal successo. Ha iniziato la sua carriera negli anni ‘90 insieme agli Smap una delle idol band oggi più longeve. Ma pur tenendo concerti e pubblicando album insieme ai compagni del gruppo, ha portato avanti un percorso autonomo televisivo e cinematografico. Nel 2000 scioccando le fan si è improvvisamente sposato con l’artista Kudo Shizuka dalla quale ha avuto due bambine. Molti davano la sua carriera per finita: in Giappone il matrimonio di una star è un tradimento per il suo pubblico. Ma lui ha proseguito dritto per la sua strada. Il suo stile, il modo di vestire, i suoi capelli sono stati imitati da schiere di adolescenti. Il suo volto è il più richiesto
come testimonial: dall’abbigliamento al cibo, dai prodotti di bellezza (perfino quelli femminili - celebre la campagna in cui promuoveva un rossetto passandoselo sulle labbra) alle macchine fotografiche, dai pc ai telefonini, non c’è niente che non abbia pubblicizzato. Con le sue interpretazioni televisive ha toccato i massimi picchi di ascolto nel paese: Hero, Long Vacation, Love Generation, Good Luck!!, Pride, Engine, Change, Mr. Brain... Ha recitato in 2046 di Wong Kar-wai e interpretato un moderno Gesù Cristo in I Come with the Rain con Josh Hartnett. Ha dato la voce al protagonista nella versione originale de Il castello errante di Howl del
maestro Miyazaki. In Space Battleship Yamato, live-action movie basato sull’opera del leggendario Leiji Matsumoto (Captain Harlock, Galaxy Express 999), vestiva i panni del comandante Kodai. In Bushi no ichibun di Yamada Yōji interpretava un samurai cieco dando prova delle sue capacità di attore.
Giovanissimo è stato Oda Nobunaga, eroe e guerriero, ruolo che ha ripreso da adulto nella serie di spot Toyota ReBORN in cui affianca Kitano Takeshi (Hideyoshi) e che li vede dal 2011 attraversare un Giappone ferito in cerca di rinascita.
Ishiba Shigeru ospite del programma televisivo degli Smap ha detto che molti politici giapponesi hanno guardato in cerca di ispirazione il suo Change, un drama nel quale Kimura interpretava un semplice maestro di scuola che diventa premier del Giappone portando una ventata di novità e onestà in una realtà pavida e corrotta. Chissà che il risveglio giapponese non possa partire dalla Tv...

sabato 20 luglio 2013

Miike Takashi e il suo canone del male

Il Giappone è un paese di guerrieri. Quando negli anni ‘70 le delegazioni venivano in visita nelle nostre scuole molti chiedevano stupiti come gli insegnanti riuscissero a mantenere ordine e disciplina senza usare le maniere forti. Rabbia e aggressività corrono sotterranee nei corridoi degli edifici scolastici ed esplodono sotto forma di bullismo, rovescio della medaglia del rapporto tra senpai e kohai. Anche le uniformi scolastiche alla marinara che specialmente in versione femminile sembrano tanto kawaii non sono altro che una rivisitazione delle divise militari della marina reale britannica. Miike Takashi con il suo Aku no kyōten in italiano tradotto ne Il canone del male getta uno sguardo dissacrante e talvolta compiaciuto sulla realtà della scuola. Estetica, culto del corpo e della guerra - esemplificato nelle attività sportive scolastiche: tiro con l’arco e kendō ma anche tiro a segno. Un Giappone che oscilla tra i più antichi miti germanici di Odino e della purezza della razza e il mito di un’America moderna che rimanda nella sua parte peggiore agli orrori di serial killer cannibali o alle stragi come quella di Columbine. La Todai (la Harvard giapponese) simbolo dell’eccellenza, l’insegnante perfetto amato dagli studenti: tutte certezze che si sgretolano una ad una. Segreti e menzogne, omosessualità, prostituzione e pedofilia, la scuola embrione di una società marcia al suo interno, guardata con l’occhio cinico del protagonista, uno splendido Itō Hideaki (nel quale il regista pare identificarsi), che muove i fili delle vite altrui come un atroce burattinaio. Il rischio di un calderone splatter in cui tutto precipita sussiste. Ma Miike riesce a mantenere il giusto equilibrio tra ironia e orrore.

mercoledì 10 luglio 2013

Tanto per cominciare, un appello: mangiamo giapponese

Se la magistratura giapponese avesse - come spesso ha dimostrato quella italiana - un minimo di coraggio, avrebbe già incriminato i dirigenti della TEPCO (la società che gestisce, tra le altre, la centrale di Fukushima Dai-ichi) per una decina di reati, primo fra tutti quello di procurato, doloso e premeditato, disastro. Ma non solo “naturale”. Mi permetto di aggiungerne un altro, di reato, anche se non compreso nel codice penale. Quello di attentato alla sicurezza, e all’immagine, del cibo giapponese. Che penso voi tutti, visto che siete su questa pagina, siate d’accordo nel definirlo uno dei migliori al mondo. Non avete idea del danno che la cucina del Sol Levante, in patria e all’estero, ha subito a seguito dell’incidente nucleare di Fukushima. Centinaia di migliaia di pescatori, contadini, allevatori ridotti sul lastrico, migliaia di piccole e medie aziende costrette a chiudere, milioni di mamme che oltre alle preoccupazioni che condividono con tutte le mamme del mondo vivono ogni giorno nell’incubo di acquistare un prodotto contaminato, che possa un giorno rivelarsi la causa di un tumore, o altra malattia, dei propri figli.
Credetemi: questo è uno dei costi “sociali” più tragici e nascosti, finora, provocati dall’incidente nucleare - tutt’altro che concluso - di Fukushima. Pensate: migliaia di famiglie giapponesi che, dal marzo 2011, non toccano più il pesce, e passano ore e ore, su internet, per acquistare on line cibo prodotto “lontano”, in zone considerate sicure. Ma anche qui, la truffa è dietro l’angolo, tutto il mondo è paese e i “furbi”, che speculano sul dolore della gente, ci sono anche in Giappone. Insomma lo stress delle mamme è incalcolabile. Io ho quasi 60 anni e se morirò di cancro non sarà certo per le radiazioni o il cibo contaminato che posso aver consumato durante i miei lunghi soggiorni nella zona della centrale. Quindi, con un minimo di attenzione, continuo a mangiare tranquillamente tutto il cibo prodotto in questo meraviglioso, dal piano terra al penultimo piano, paese (sotto terra e sul tetto, ahimè, c’è gentaglia molto simile, per arroganza, corruzione e sciatteria istituzionale, a quella che governa il nostro paese). Ma comprendo la preoccupazione delle “mamme di Fukushima” (e non solo: la “paura” è diffusa un po’ ovunque, anche se i media non ne parlano) e la loro frustrazione nel dover abbandonare la cultura del sano, ricco, genuino pasto giapponese, scegliendo, ahimè, le schifezze fast food, straniere e indigene, che hanno nel frattempo invaso anche il Giappone. Per chi ama questo paese, credetemi, vedere aumentare la coda davanti a McDonald's, al Kentucky Fried Chicken o ai blasfemi templi del polistirolo modello Starbucks fa veramente male.

Ma in Giappone se la devono vedere i giapponesi, assieme a noi stranieri che viviamo qui. Insieme, faremo il possibile per difendere il diritto alla sopravvivenza della cucina giapponese e a insistere, senza reticenze ma nemmeno allarmismi che “mangiare giapponese” è ancora possibile, compatibile e, soprattutto, sostenibile. Nel frattempo, vorrei lanciare un appello a tutti gli italiani che, anche se la situazione sembra essere migliorata, continuano ad avere perplessità sul frequentare o meno i ristoranti “giapponesi” in Italia (metto volutamente le virgolette per segnalare il problema della proprietà/gestione di molti di essi, che di giapponese hanno ben poco).

Le perplessità non devono sussistere quanto agli ingredienti: spero non ci sia nessuno ancora, in giro, che possa anche solo pensare che il pesce, crudo, marinato o cotto che sia, servito in questi ristoranti provenga dal Giappone e magari dalla costa del Pacifico ahimè irrimediabilmente contaminata. Il pesce servito nei ristoranti giapponesi italiani è lo stesso - magari selezionato con ancora maggiore attenzione, se il ristorante è gestito da veri “samurai” - che viene servito in tutti gli altri ristoranti italiani. Pesce del Mediterraneo, che certo intonso non è, visto l’inquinamento dei nostri mari, ma nemmeno - quanto meno che si sappia - contaminato da isotopi fluttuanti.Frequentare i locali giapponesi non solo arricchisce il palato e apre nuovi, sani e genuini orizzonti gastronomici. Oggi rappresenta anche un gesto di solidarietà e di affetto nei confronti di un popolo che, come il nostro, condivide l’amore per le cose belle, buone e genuine. Ed è costretto a difenderle dalla vorace e arrogante irresponsabilità di chi ci governa. Amanti del sushi di tutto il mondo: uniamoci.

Pio d'Emilia

domenica 7 luglio 2013

Dead Sushi

Amo il Giappone e adoro il pesce crudo. Sarà perché sono nata in una città di mare e da piccola pescavo i gamberi con le mani e li sgranocchiavo sul posto vivi e teneri. Oppure raccoglievamo i ricci e li aprivamo sulla spiaggia mangiandone le uova aranciate con il cucchiaino. Con i ricci la mia mamma preparava i dolcissimi spaghetti che poi serviva la sera in terrazza. Cipolla, sedano, carota e peperoncino, pochissimo basilico e prezzemolo, tutto frullato e soffritto in olio extravergine, aggiungeva un poco di pomodoro fresco a pezzi e rosolava, un pizzico di sale, faceva ritirare, poggiava le uova di riccio e condiva con il sugo la pasta al dente.
Ma ogni tanto mi sfiora il pensiero che queste creature possano ribellarsi e uscire dallo stomaco come sanguinari alien. A sostegno dell’idea, le raffinate e scientifiche menti nipponiche hanno partorito nel 2012 una pellicola: Dead Sushi di Iguchi Noburo, specializzato in adult video. La storia narra di una giovane apprendista chef, Keiko (Takeda Rina, cintura nera di karate), che fugge da un padre padrone perché “essendo donna” è incapace di realizzare il sushi ideale. Trova un impiego come cameriera in un ryokan sperduto nella campagna e lì è vittima delle angherie

dei colleghi. Ma un giorno arriva un gruppo di dipendenti di un'industria farmaceutica in gita aziendale. Un misterioso uomo li ha seguiti, un ex scienziato licenziato per aver creato un siero che risuscita le creature morte... Un horror trash, divertente e pazzo, parodia di un mondo, sia aziendale che culinario, ossessionato da regole e gerarchie, in cui la protagonista lotta contro una realtà che vede le donne solo come oggetti sessuali.
Una pellicola piena di sangue e corpi smembrati, con sushi assassini dentuti e volanti e finale di uomo-tonno, che per un po’ sicuramente vi terranno lontani da sushi bar e simili!