domenica 10 novembre 2013

Tōkyō monogatari – Viaggio a Tōkyō

Ozu Yasujirō è un maestro. E il suo capolavoro è proprio questo Viaggio a Tōkyō, un soggetto semplice e quotidiano che narra di gente comune illuminata e trasfigurata dallo sguardo del regista. Marito e moglie lasciano la campagna di Onomichi vicino a Hiroshima per far visita ai figli che vivono e lavorano a Tōkyō. Ma giunti nella capitale si rendono conto che i due maggiori, Kōichi, un semplice pediatra e Shige, una modesta parrucchiera, non hanno tempo per loro. Sono attivi e laboriosi ma freddi e cinici nei confronti dei genitori.
Più caldo è il legame con la nuora Noriko, vedova del terzo figlio, Shōji, scomparso in guerra. Decidono allora di tornare a casa, rincuorati comunque dal fatto che i figli stanno bene. Ma durante il viaggio l’anziana madre ha un malore e giunge a Onomichi in fin di vita. Tutti i figli si riuniranno attorno al letto di morte della donna poi ognuno riprenderà la propria strada. La pellicola del 1953 è stata girata in bianco e nero con un uso denso del chiaroscuro del quale oggi restano solo lievi tracce poiché il negativo originale andò bruciato in un incendio. Silenzi e sentimenti, ombre, dolori e piccole gioie. Tutto scorre come un fiume lento e inesorabile verso il finale nel quale il vecchio dona alla nuora gentile l’orologio che era stato della moglie: “È strano - le dice -. Abbiamo dei figli, ma tu sei stata quella che ha fatto di più per noi. E non abbiamo nemmeno un legame di sangue. Grazie”. “Ora che sono solo - confessa poi l’uomo alla vicina di casa - le giornate sembrano più lunghe”. Il ventaglio vicino al suo volto scandisce le ore. Il battello scivola lungo la baia, il treno passa sui binari, i panni stesi ondeggiano al vento.

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