venerdì 6 settembre 2013

Il Giappone Amarcord a Venezia 1953

La 14ma Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia che si svolse dal 20 agosto al 4 settembre 1953 non assegnò il Leone d'Oro: nessun film venne ritenuto all'altezza. La giuria, presieduta da Eugenio Montale, attribuì invece il Leone d'Argento ad una serie di pellicole: I racconti della luna pallida d'agosto di Mizoguchi Kenji i; I vitelloni di Federico Fellini; Il piccolo fuggitivo di Ray Ashley, Morris Engel, Ruth Orkin; Moulin Rouge di John Huston; Teresa Raquin di Marcel Carné; Sadko di Aleksandr Ptushko; Bora su Trieste di Gianni Alberto Vitrotti.
Altri tempi, potremmo dire...
I racconti della luna pallida d'agosto
(Ugetsu Monogatari in originale) di Mizoguchi Kenji è una piccola perla, una storia fantastica ispirata a due racconti di Ueda Akinari L'albergo di Asaji e La lubricità del serpente. La pellicola si snoda tra illusioni e realtà, desideri e passioni. Due uomini cercano la felicità lontano dalla vita familiare e dal loro villaggio, vogliono diventare un samurai l’uno mentre l’altro vuole la ricchezza.
Ma avidità e ossessione porteranno entrambi a perdere ciò che avevano senza la possibilità di riaverlo intatto. Il samurai conoscerà le amarezze della guerra, l’altro sedotto da una misteriosa donna, ne sarà prigioniero, finché non scoprirà che si tratta del fantasma di una giovane scomparsa prima di conoscere il piacere. Un affresco storico ma anche fiabesco, precursore degli attuali horror con questo senso di mistero e ambiguità che pervade l’intera opera. Una luna bagnata di pioggia, quella pallida del 15 di agosto, notte legata per la tradizione giapponese al mondo soprannaturale.

Mizoguchi privilegia l’ottica femminile. Incantevole Lady Wakasa lo spettro che incatena il protagonista, interpretato da Kyō Machiko (celebre negli anni ‘50, attrice anche in Rashōmon di Kurosawa) donna multiforme e irreale, si muove sinuosa e spesso silente, quasi una figura del teatro Nō. Così come la moglie abbandonata Miyagi (Tanaka Kinuyo, che quello stesso anno passerà dietro la macchina da presa, seconda donna giapponese nella storia della cinematografia a dirigere un film) simbolo di estrema fedeltà, tornerà dal mondo dei morti per accogliere il marito pentito. Il terzo volto è quello di Mito Mitsuko, unica a salvarsi, seppure vittima di stupro e costretta a prostituirsi, sarà ritrovata dal marito samurai in una casa di piacere, l’uomo le chiederà perdono e si riunirà a lei.

1 commento:

  1. mi piace venire qui ogni settimana e trovare piccole sorprese. ci sono film del passato pieni di magia. lo guarderò. grazie del consiglio!
    mara

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