mercoledì 10 luglio 2013

Tanto per cominciare, un appello: mangiamo giapponese

Se la magistratura giapponese avesse - come spesso ha dimostrato quella italiana - un minimo di coraggio, avrebbe già incriminato i dirigenti della TEPCO (la società che gestisce, tra le altre, la centrale di Fukushima Dai-ichi) per una decina di reati, primo fra tutti quello di procurato, doloso e premeditato, disastro. Ma non solo “naturale”. Mi permetto di aggiungerne un altro, di reato, anche se non compreso nel codice penale. Quello di attentato alla sicurezza, e all’immagine, del cibo giapponese. Che penso voi tutti, visto che siete su questa pagina, siate d’accordo nel definirlo uno dei migliori al mondo. Non avete idea del danno che la cucina del Sol Levante, in patria e all’estero, ha subito a seguito dell’incidente nucleare di Fukushima. Centinaia di migliaia di pescatori, contadini, allevatori ridotti sul lastrico, migliaia di piccole e medie aziende costrette a chiudere, milioni di mamme che oltre alle preoccupazioni che condividono con tutte le mamme del mondo vivono ogni giorno nell’incubo di acquistare un prodotto contaminato, che possa un giorno rivelarsi la causa di un tumore, o altra malattia, dei propri figli.
Credetemi: questo è uno dei costi “sociali” più tragici e nascosti, finora, provocati dall’incidente nucleare - tutt’altro che concluso - di Fukushima. Pensate: migliaia di famiglie giapponesi che, dal marzo 2011, non toccano più il pesce, e passano ore e ore, su internet, per acquistare on line cibo prodotto “lontano”, in zone considerate sicure. Ma anche qui, la truffa è dietro l’angolo, tutto il mondo è paese e i “furbi”, che speculano sul dolore della gente, ci sono anche in Giappone. Insomma lo stress delle mamme è incalcolabile. Io ho quasi 60 anni e se morirò di cancro non sarà certo per le radiazioni o il cibo contaminato che posso aver consumato durante i miei lunghi soggiorni nella zona della centrale. Quindi, con un minimo di attenzione, continuo a mangiare tranquillamente tutto il cibo prodotto in questo meraviglioso, dal piano terra al penultimo piano, paese (sotto terra e sul tetto, ahimè, c’è gentaglia molto simile, per arroganza, corruzione e sciatteria istituzionale, a quella che governa il nostro paese). Ma comprendo la preoccupazione delle “mamme di Fukushima” (e non solo: la “paura” è diffusa un po’ ovunque, anche se i media non ne parlano) e la loro frustrazione nel dover abbandonare la cultura del sano, ricco, genuino pasto giapponese, scegliendo, ahimè, le schifezze fast food, straniere e indigene, che hanno nel frattempo invaso anche il Giappone. Per chi ama questo paese, credetemi, vedere aumentare la coda davanti a McDonald's, al Kentucky Fried Chicken o ai blasfemi templi del polistirolo modello Starbucks fa veramente male.

Ma in Giappone se la devono vedere i giapponesi, assieme a noi stranieri che viviamo qui. Insieme, faremo il possibile per difendere il diritto alla sopravvivenza della cucina giapponese e a insistere, senza reticenze ma nemmeno allarmismi che “mangiare giapponese” è ancora possibile, compatibile e, soprattutto, sostenibile. Nel frattempo, vorrei lanciare un appello a tutti gli italiani che, anche se la situazione sembra essere migliorata, continuano ad avere perplessità sul frequentare o meno i ristoranti “giapponesi” in Italia (metto volutamente le virgolette per segnalare il problema della proprietà/gestione di molti di essi, che di giapponese hanno ben poco).

Le perplessità non devono sussistere quanto agli ingredienti: spero non ci sia nessuno ancora, in giro, che possa anche solo pensare che il pesce, crudo, marinato o cotto che sia, servito in questi ristoranti provenga dal Giappone e magari dalla costa del Pacifico ahimè irrimediabilmente contaminata. Il pesce servito nei ristoranti giapponesi italiani è lo stesso - magari selezionato con ancora maggiore attenzione, se il ristorante è gestito da veri “samurai” - che viene servito in tutti gli altri ristoranti italiani. Pesce del Mediterraneo, che certo intonso non è, visto l’inquinamento dei nostri mari, ma nemmeno - quanto meno che si sappia - contaminato da isotopi fluttuanti.Frequentare i locali giapponesi non solo arricchisce il palato e apre nuovi, sani e genuini orizzonti gastronomici. Oggi rappresenta anche un gesto di solidarietà e di affetto nei confronti di un popolo che, come il nostro, condivide l’amore per le cose belle, buone e genuine. Ed è costretto a difenderle dalla vorace e arrogante irresponsabilità di chi ci governa. Amanti del sushi di tutto il mondo: uniamoci.

Pio d'Emilia

4 commenti:

  1. ciao Pio! seguirò volentieri il tuo nuovo blog.. se riuscirai ad aggiornarlo con continuità ;)

    non temere, qui il sushi si continua a mangiarlo, e a sognare un ritorno in Giappone. proprio un mesetto fa una conoscente mi ha parlato di un suo ipotetico piano di fare un viaggio in Giappone, quest'estate, seguito da "ma dopo quello che è successo, non credo di sentirmela, troppo pericoloso". ho insistito tantissimo parlandole di quanto Tokyo, Kyoto e tutti i bellissimi posti che lei aveva intenzione di vedere (non certo Fukushima) sono assolutamente sicuri. spero di averla convinta.

    un saluto a te e alla collega blogger ♥

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  2. Complimenti per il neonato blog! Lo seguirò con interesse...nela speranza di trovarci una volta durante uno dei miei viaggi giapponesi! ^_^

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  3. Che dire, davvero un ottimo articolo, in quanto appassionato di cultura e cucina giapponese, sono pienamente d'accordo con te.
    L'unico problema da noi è che i media fanno concorrenza sleale cercando di spaventare le persone portandole a mangiare soltanto nei ristoranti nostrani....
    Se ti va di dare un occhiata, questo: www.nihonjapangiappone.com è il mio personale impegno per la diffusione della cultura giapponese in italia.

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  4. La cucina Giapponese... Spero un giorno di poter provare quella autentica e quindi annesso viaggio in Giappone.
    Mentre i ristoranti "Giapponesi" Italici, al giorno d'oggi sono per me, ahimè, costose mete del palato!

    Comunque, mi accodo ai complimenti per questo Blog! Keep it up!

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