giovedì 3 ottobre 2013

Doppio suicidio d'amore a Sonezaki - Al Teatro Argentina di Roma

Ricordate il delicato e poetico film Dolls di Kitano Takeshi? Personaggi come bambole guidate dai fili di un tragico destino, le loro storie erano intrecciate con un incantevole spettacolo di bunraku il teatro delle marionette giapponesi. Marionette che divenivano umane, soffrivano e morivano per amore. Il 4 e 5 ottobre al Teatro Argentina di Roma va in scena in prima assoluta Doppio suicidio d'amore a Sonezaki celebre e antico dramma giapponese scritto da Chikamatsu Monzaemon.
L’autore vissuto a cavallo tra il ‘600 e il ‘700 è ritenuto lo Shakespeare giapponese. I suoi testi teatrali (ben centoventi) sono spesso drammi a sfondo sociale - si ispirava a fatti di cronaca ed eventi del tempo - che narrano di amori impossibili con protagonisti semplici commercianti. Le nuove figure andavano a sostituire guerrieri e condottieri, rispecchiando i mutamenti dell’epoca, e vennero molto apprezzate dal pubblico, mentre il suicidio d’amore visto come riscatto morale subentrava all’antico senso dell’onore e ai duelli.  
Doppio suicidio d'amore a Sonezaki ci riporta al 7 aprile del 16° anno dell’era Genroku (1703), quando Tokubei, un commesso di un negozio di salsa di soia, e la sua amante Ohatsu, una cortigiana di Dojima Shinchi, compirono insieme un suicidio d’amore nella foresta di Tenjin a Sonezaki (Umeda). Un mese dopo l’accaduto, il 7 maggio 1703, il drammaturgo Chikamatsu Monzaemon trasformò il fatto in un’opera per il teatro di burattini dal titolo completo Sonezaki shinju tsuketari Kannon meguri (Doppio suicidio d’amore a Sonezaki con pellegrinaggio da Kannon), messa in scena al teatro Takemotoza di Osaka.
L’opera ottenne un successo tale che il teatro Takemotoza fece fronte a tutti i debiti fino allora contratti. Nel bunraku i personaggi vengono rappresentati con marionette di grandi dimensioni, manipolate a vista. Ciascuna marionetta è mossa da tre manovratori. Insieme al kabuki e al noh è una delle maggiori espressioni artistiche del Giappone nell’ambito delle arti performative.
Riconosciuto come bene intangibile del Paese e designato anche dall’Unesco come Patrimonio
Immateriale dell’Umanità, il bunraku vanta una storia di oltre quattro secoli che approda sul palcoscenico del Teatro Argentina nella rilettura contemporanea di un artista e fotografo noto a livello internazionale, Sugimoto Hiroshi. Insieme con la compagnia, composta da 30 elementi eredi e custodi delle arti performative tradizionali, il regista porta in scena il dramma di Chikamatsu Monzaemon nella versione integrale e originale conferendole un tocco d’avanguardia per restituirci un’opera creativa in cui convivono con grande armonia tradizione e innovazione.

1 commento:

  1. Mille grazie per il consiglio! Vorrei tanto essere a Roma!!
    Ilaria

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