la lotta da prigioniero di guerra, torturato da un sanguinario aguzzino di nome Mutsuhiro Watanabe, soprannominato l’“Uccello”, noto per i suoi atti sadici mentali e la sua deplorevole brutalità (lo interpreta Miyavi, vero nome Takamasa Ishihara, giovane cantautore, musicista e produttore discografico giapponese); gli anni seguenti alla liberazione segnati dal terrore tipico del disturbo post-traumatico da stress, e un finale di redenzione. Tutti elementi tipici di un biopic cult. Angelina Jolie che nel 2011 ha debuttato dietro la macchina da presa con Nella Terra del Sangue e del Miele, ambientato durante la guerra in Bosnia, e attualmente è impegnata nella produzione del suo terzo lungometraggio da regista, il dramma By the Sea, e nelle pre-produzione per la direzione del film epico Africa è con Unbroken alla sua seconda prova.
Privo di mordente il film purtroppo delude adagiandosi sui luoghi comuni e indugiando su sangue ed estremo realismo. L’impegno per i rifugiati e le cause umanitarie influenzano il lavoro della Jolie che tiene in secondo piano quella sorta di pietas per l’essere umano in sé in un bianco o nero privo di grigio dove i prigionieri in quanto americani sono vittime coraggiose mentre i nemici giapponesi sempre e solo crudeli e senza possibilità di redenzione. Vi è una sorta di rimando all’ottica della Passione firmata da Mel Gibson, scena emblematica quella in cui il prigioniero Louie è costretto a sollevare sulle spalle una gigantesca trave. Intensa e vibrante l’interpretazione del protagonista, l’emergente attore inglese, Jack O'Connell. (Central do Cinema)


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